Tra vent' anni sarete più delusi per le cose che non avete fatto che per quelle che avete fatto. Quindi mollate le cime. Allontanatevi dal porto sicuro. Prendete con le vostre vele i venti. Esplorate. Sognate. Scoprite.
Mark Twain


29 ottobre 2012

Mestruazioni gastronomiche

Sono passati più di due anni e man mano che il tempo passa non ci si sente più così lontani come all'inizio, la nostra volontà, il paesaggio e la gente ti aiutano nell'integrazione.
Le cose a cui si è abituati, ovviamente quelle positive, continuano a mancare più o meno tutte, e spesso capita di ripensare al proprio paese vedendone gli aspetti positivi e molto meno quelli negativi.
Il primo anno vissuto qui è stato non privo di difficoltà sotto vari aspetti, in primis per  degli ovvi motivi di adattamento al luogo e al pensare comune, poi anche per un infortunio avuto durante un'amichevole (disputata come una finale di coppa del mondo) che mi ha tenuto fermo da ogni genere di attività fisica a me gradita (pinacolo a parte), e così una volta ristabilito, ho deciso di ricominciare da zero e di rimettere in sesto la mia alimentazione.
Da un anno e mezzo ho cambiato il mio modo di alimentarmi, mangiando dalle 5 alle 6 volte al giorno, porzioni normali, cercando di non esagerare con i cibi inutili e immettendo un'equilibrata varietà di nutrienti.
Devo dire che funziona, mi sento molto meglio sia fisicamente che emozionalmente.
Tutto questo mangiare però ha i suoi ostacoli, perché, se è vero che mi impegno a variare la dieta, alla lunga comunque i cibi sono sempre quelli, se poi ci metti che non sono più in Italia (non me ne vogliano i lettori stranieri) non c'è niente da fare... la ricerca si fa ardua.
L'altro giorno, per esempio, preso da un attacco pesante di mestruo, dopo molte ore di lezione e stanco morto, pensavo a quanto mi stava sulle balle questo paese, privo di cultura del cibo (che non è vero), ed imprecavo pensando a tutte quelle cose meravigliose che fino a soli due anni fa potevo mangiare, senza preoccuparmi troppo del prezzo, con tutta quella scelta e varietà di buonissimo livello qualitativo.
Eh, questo anche a mente fredda, devo dire che è un problema che molti italiani devono affrontare una volta fuori casa, soprattutto se sono esigenti (io casco in questa categoria) anche dal punto di vista qualitativo del cibo.
Per fortuna, la frequenza del mio mestruo gastronomico è molto differente da quello comune femminile, ma per fortuna con l'abitudine diminuisce... mi spiego... passata la fase che ti va bene tutto perché sei nuovo del posto, inizi a studiare i supermercati, guardi cosa offrono, ovviamente guardi i prezzi e cominci a farti la tua esperienza sui nuovi prodotti del posto... e il mestruo comincia.
Dicevo... la frequenza... se all'inizio era un ciclo ogni spesa, adesso che non ci voglio più pensare è diminuito drasticamente.

A seguire, una mia critica esplicita ai supermercati di Balneario Camboriù (morta#ci loro!):

Punto 1 - Qualità
E' la nota più dolente, praticamente impossibile da far capire a chi non ha idea di cosa si tratti... i prodotti venduti nei mercati comuni sono per il 95% distribuiti dalle grandi aziende locali e multinazionali, molti dei quali sono delle marche più eticamente scorrette sul mercato.
Entri in un supermercato e noti un'infinità di prodotti che, pur essendo di marche diverse, sono tutti uguali, nessuna differenza l'uno dall'altro.
Le uniche gioie si possono avere nel reparto frutta, che, comunque, non soddisfano le aspettative, visto il paese così ricco di diversità in questo senso.

Punto 2 - Varietà
Come dicevo, entri nel corridoio degli inscatolati, e, per esempio, trovi 3 tipi di legumi e cereali, diciamo: fagioli, piselli e mais, basta... sono praticamente tutti dello stesso tipo, dimensione e stoccaggio... uno scaffale di 8-10 metri con solo questa fornitura.
Ma c#zzo, dico io, possibile che la gente non abbia voglia di mangiare altro!?

Punto 3 - Prezzi
Se qualcun altro mi viene a dire che la vita in Europa è cara gli taglio la lingua, e per fortuna molte persone stanno conoscendo di più l'estero e stanno capendo che esiste un'altra situazione... la vita è cara dal momento che tu guadagni con una moneta che non vale quasi una cippa e la porti in un paese con una moneta più cara, non ci vuole un genio.
Per cui dicevamo dei prezzi... se ci si limita a mangiare il classico arroz e feijão e poco altro va tutto bene, anche molti tipi di frutta hanno dei prezzi ragionevoli, il problema nasce dal momento in cui si vuol mangiare una carne di qualità superiore, dei buoni formaggi, degli affettati per non parlare del prosciutto o di bere un buon vino (anche se in questo caso le cose stanno cambiando).
Possiamo parlare della variazione dei costi dei prodotti quasi quotidiana, un giorno pago X per un litro di latte ed il giorno dopo lo pago il 25% in più.
Questo solo per quel che riguarda il cibo, non gli altri prodotti... perché i costi per delle semplici pile stilo o delle lamette per farsi la barba (p#rca pu##ana a pensarci mi torna il mestruo!!!) sono ridicoli.
Tutto ciò succede dove vivo io, non parlo di altri posti perché non li conosco, ma qui, questo è il prezzo da pagare quando si hanno altre abitudini gastronomiche.

Non penso che il Brasile non abbia cultura del cibo, ci sono molti piatti molto diversi tra loro e di alto livello. Perciò il problema (secondo me) è più evidente dove mi trovo io,  o forse in altre zone remote del Brasile (dove immagino possa essere peggio).

Ad ogni modo il mio è sempre e solo un punto di vista, condivisibile o meno.

10 ottobre 2012

Unemployee of the year

Dopo tanto tempo di ozio virtuale, e tanto lavoro reale, torno sul mio spazio pubblicando un progetto di un'amica, si chiama Liliana, e dopo circa sette mesi trascorsi a São Paulo ritorna in Italia con nuove esperienze, idee e proposte.
La passione per il design ci accomuna, per cui ci è voluto un attimo per coinvolgermi.
Di seguito trovate un riassunto del suo progetto, e se lo vorrete potrete aiutarla e votarla al seguente link: http://unhate.benetton.com/unemployee-of-the-year/community/4566-lilliana/profile


PLANTING IDEAS: FROM ITALY TO BRAZIL. AND VICE VERSA.
I have lived in Italy for 23 years. And in Brazil for less than one.
Italy is now facing many problems, economically, and not only. Still, I believe that it has a lot to share. I am not speaking about museums, art and tourist cities; not only at least. It’s what we have inside our eyes, and our hands. What is frequently called ‘ingegno italico’, that comes from our peculiar history: conquered by the most different cultures: Frankish, Germanic , Byzantine, Islamic, Norman, Ottoman empires. We have been adapting throughout the ages to all the kinds of cultures, building an ability to listen, and to dialogue. Our food, fashion, art, design, architecture is a result of a melting pot, concept born before the word itself.

When I think about Italy, I think about design, as a way of thinking. It sticks to real problems, not to fashion, reaching thousands of normal people. Design is not the shape of a object, but the process that starts from a need of the human body. That’s what happened with the wheel, the bicycles... and Nutella as well.
When I think about Brazil, far from stereotypes, I have in mind a place that is violently gigantic and hugely violent. Brazil is still a violent country. Not so much because of the physical violence between people - that is underground, and often only imagined. The violence is inside the city, in the rhythms, in the faces you do not recognize, in the mixture of races that keeps you off, and makes a stranger of yourself. Brazil teaches you to take a step back: in order to survive, you must suspend your judgement.

My idea is to link Italy and Brazil, using the Italian Design to develop Brazilian capabilities in companies, factories, creative industries, communication. In order to give the intellectual tools to grow in a healthy and conscious way. Brazilian artisans can learn from Italian designers how to come to a project, and think about a solution.
I propose to create both a physical and an online platform where Italian 'know how' can meet Brazilian investors and enterprises that now have financial availability, but not soft skills yet.
Design workshops, meetings, fairs, magazines with journalists from both countries, University courses. Talking with the manufacturers, artisans, but also entrepreneurs, managers. Build a dialogue, with a bridge of culture. It’s contamination.
And this can be done exploiting channels that already exist: like Benetton ones, and many other Italian firms that are already selling in Brazil.

Design is in the chair you are sit, is the bedroom you are sleeping in, is the plate you are eating. No magic, only culture: people walking, eating, dreaming, fighting, loving for thousand years. This enabled to understand a process, to have a line of thinking in the way to proceed.
That's a way to develop a country: let her think, approaching problems in a creative and conscious way.

Idea is the biggest revolution, And once it’s there, it grows.